Intro (storia di molti)

Il primo motorino arrivò in casa che avevo 12 anni: era un Innocenti a pedali, telaio a tubo, una palla per serbatoio, sella piccola, due comodi portapacchi (uno posteriore, uno anteriore) fatti apposta per le gerle del pane.
Era il classico motorino da garzone del fornaio.

Però era il mio primo motorino, ed io ero strafelice.

I primi km li feci sul viottolo – sterrato – davanti a casa: aprivo piano il gas e appena l’affare prendeva velocità mollavo, mettevo giù i piedi, ripartivo. Per fare inversione manovravo come se stessi portando una bisarca a 6 rimorchi.

Di quei primi giorni ricordo due cose: un casco Nava integrale, rosso con scritta outline gialla, senza visiera, probabilmente abbondante intorno alle mie guance da adolescente; e papà, che dal fondo della via gridava istruzioni senza che le sentissi.
Chissà se ero piu’ intimorito io che ero in sella o lui, che in caso di mia caduta si sarebbe dovuto far carico dei moccoli di mamma, sicuramente meno contenta di me all’idea del motociclo.

Dopo l’Innocenti, che entrò in casa già stra-usato, mi passarono di mano molti altri motorini… tutti adeguatamente di seconda/terza mano: Gilera, Garelli, Fantic… ciclomotori trial regolarità… persino un Malanca con semimanubri che, adeguatamente dopato, superava incoscientemente i 90 all’ora e teneva dietro il Caballero con Dell’Orto 19 del mio amico.

Erano i tempi delle gite con gli amici, quando bastavano mille lire di miscela per divertirsi per ore: passavamo le giornate estive in giro per le stradine della Brianza tornando a casa con le braccia scottate e – almeno per me – la voglia di andare sempre più lontano.

Arrivarono i 16 anni e la patente A, si palesò papà con un Fantic Raider 125, terza mano, che costituì un significativo avanzamento nella mia carriera da motardo: la prima grippata, il primo “viaggio” (Merate-Entraque e ritorno in 2 giorni), la prima gamba rotta.
Dal Fantic in poi le successive esperienze si perdono, in un certo senso, nella nebbia dell’ordinario fino ad arrivare ad oggi.

Ma c’è una cosa che non ho mai detto per quel brutto, sgraziato Innocenti a pedali… e per quello che ha fatto nascere e che forse mi ha fatto diventare quello che sono oggi: Grazie Papà.

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2 risposte a Intro (storia di molti)

  1. Massimiliano ha detto:

    Ho piacevolmente letto l’articolo e ho trovato in quel “grazie papà” al fondo della pagina, quello che a volte noi figli, oramai padri, “dimenticavamo” sempre di dire….
    Ciao Max (Nao74)

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  2. Ninja ha detto:

    Sam hai scritto cose molto belle e – cambiando il motorino con una vespa – sono anche le mie. Hai ragione: storia di tutti! E anche io dico come te Grazie Papà

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